Guido Anderloni
Studio Benoit - Ex Cinema, via Trento
Guido Anderloni nasce nel 1966 a Milano, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera dove inizia a sperimentare diversi linguaggi: pittura, installazione e fotografia, procedimenti che convivono nello stesso manufatto, in una sorta di “fotoscultura”. Terminati gli studi si trasferisce a Madrid attratto dalla fisicità dell’arte spagnola, in un momento in cui il neoconceptual era a Milano la corrente più in voga. Progressivamente il suo lavoro comincia a depurarsi verso immagini sempre più essenziali, iniziando a interessarsi al corpo umano nel suo sentimento più profondo, tramite fotografie di lunghissima esposizione, anche una giornata intera, con la precisa volontà di catturare “l’anima fisica” delle persone (Personal details, 1996). Successivamente lavora con video-performance (103 africans, 1997) e torna a riflettere attorno l’idea dei fondamenti del linguaggio (After Man Ray, 2000; Selfportraits, 2004). Proprio a partire da questo momento più analitico l’artista riscopre uno dei temi classici per eccellenza: la natura morta e le immagini naturalistiche. Le prime foto di insetti si intitolano infatti Preliminary study. Attualmente, anche se dedito soprattutto alla fotografia, Guido Anderloni si presenta come pittore, disciplina che non ha in realtà mai abbandonato, specialmente per quanto riguarda il disegno, che continua a essere il tramite preferito per esplorare nuove composizioni e possibilità creative.
In anni più recenti la sperimentazione dell’artista è rivolta a un particolare tipo di fotoincisione, tecnica che riunisce sullo stesso supporto la manualità e il corpo materico delle tecniche classiche dell’incisione e la depurazione della fotografia moderna. Cerca di restituire così alla fotografia quell’imprimatur personale che troviamo forse nei primi fotografi del ‘900, ma difficilmente nelle odierne tecniche digitali.
In anni più recenti la sperimentazione dell’artista è rivolta a un particolare tipo di fotoincisione, tecnica che riunisce sullo stesso supporto la manualità e il corpo materico delle tecniche classiche dell’incisione e la depurazione della fotografia moderna. Cerca di restituire così alla fotografia quell’imprimatur personale che troviamo forse nei primi fotografi del ‘900, ma difficilmente nelle odierne tecniche digitali.